Rapporto 2016 sullo stato dei Beni Culturali in Italia
Presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati è stato presentato dal Movimento Ecologista Europeo “Fare Ambiente”, il Rapporto 2016 sullo stato dei Beni Culturali in Italia.
Il Presidente prof. Vincenzo Pepe, in apertura della conferenza ha sottolineato come sia assolutamente acclamato che la cultura non ha prezzo e che l’Italia è la detentrice del patrimonio culturale più importante al mondo. E questo grazie non solo a testimonianze di popolazioni millenarie: romane, greche, bizantine, senza dimenticare quelle relative alla preistoria, ma anche di cultura immateriale a cui difficilmente si potrà dare un valore. Luoghi di culto, ma anche laici impreziosiscono non solo le grandi città ma soprattutto i piccoli borghi, che con tenacia e coraggio lottano per sopravvivere e per non far scomparire quanto è stato tramandato con orgoglio e straordinaria testimonianza artistica e culturale dal passato. Luoghi che proprio in questo ultimo anno sono stati lacerati anche da fenomeni sismici che ne hanno ferito non solo l’anima ma anche le strutture. Purtroppo però – afferma il Presidente Pepe – ci troviamo di fronte a un controsenso, in quanto negli ultimi decenni è passato il concetto che la cultura non genera guadagni meramente economici ed è sufficiente leggere le statistiche sui profili professionali più richiesti e le principali attività lavorative da intraprendere dopo aver concluso gli studi, dove appare evidente che le lauree umanistiche sono quelle che creano “fasce di laureati deboli, poco adatti alle esigenze del mercato del lavoro odierno”. Si aggiunga poi, che i musei e i centri culturali più in generale, dove i beni culturali costituiscono i luoghi culturali più tangibili per “vivere” la cultura tramandata dalla storia, sono presi d’assalto e potrebbero quindi generare un mercato molto fruttuoso.
Se si confrontano i dati relativi alla fruizione di questi luoghi statali con quelli dei beni culturali esteri sono ben poco. I ricavi ottenuti dalla vendita dei biglietti dei beni culturali italiani sono circa di 136 milioni contro, ad esempio, un fatturato straniero di circa 600 milioni. Certo è che se dovessimo considerare anche le Istituzioni museali riconducibili a realtà territoriali locali, i numeri italiani cambierebbero e, non va dimenticato, anche che una parte significativa del nostro Patrimonio è da considerarsi “a cielo aperto”, basti pensare alle piazze storiche e ai siti archeologici. Il cittadino italiano che la mattina va a lavoro, così come l’extracomunitario presente nel nostro Paese, quanta storia culturale incontra e percorre nel proprio quotidiano? Il numeroso turismo relativo alle visite delle piazze storiche e ai monumenti circostanti, si pensi ad esempio a Piazza di Spagna, è monitorato? E l’intero sistema cultuale costituito soprattutto da Basiliche e Chiese di straordinaria fattura viene considerato nella valutazione? E c’è da chiedersi ancora, se tutto questo, che se pur non è, in molti casi, misurabile in termini di biglietti venduti in quanto luoghi caratterizzati dalla gratuità della frequentazione, è soggetto ad una valutazione di merito soprattutto in considerazione al conseguente e ricco indotto commerciale che ne viene generato? La risposta è: evidentemente no! Se poi volessimo aggiungere che il nostro Paese, a differenza di tutti gli altri, proprio per la propria ricchezza culturale intrinseca in ogni luogo, non può concentrarla in un’unica realtà nazionale, come invece possibile in altri Paesi, appare evidente che si dovrebbe ragionare, in termini numerici, considerando il dato complessivo…e su questo non vi sono confronti che tengano. Appare quindi chiaro che ad una analisi meramente numerica che non tenga però conto del dato complessivo, l’Italia non appare tra i primi 10 musei più visitati al mondo, dove vi sono in ordine, il Louvre di Parigi, il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, i Musei Vaticani della Città del Vaticano, la National Gallery di Londra, il National Palace Museum di Taipei, il Tate Modern di Londra, la National Gallery of Art di Washington, il Museo Ermitage di San Pietroburgo e il Museo D’Orsay di Parigi. Già i Musei Vaticani rappresentano una eccezione in quanto raccolgono nel proprio interno, in forma distinta, 12 musei, palazzi vaticani con 5 gallerie, 3 cappelle tra cui la Sistina e 8 stanze e sale. E se questo valesse anche per l’Italia, ovvero si considerasse l’intero sistema museale un “unicum”, o almeno, se non lo si volesse fare per l’intera penisola, almeno dal punto di vista territoriale più minimale, si pensi soltanto alla città di Roma che oltre a tutti gli altri, soltanto l’ Amministrazione di Roma Capitale detiene i “Musei in Comune” che raggruppano al proprio interno 21 musei, tra cui l’Ara Pacis, i Musei Capitolini e i Mercati di Traiano…come cambierebbe la valutazione dei numeri? Certamente questa “frammentazione” o se vogliamo “capillarità” di realtà culturali ha generato criticità a riguardo di quelle con entità più modesta ed appare assolutamente necessario che la politica proponga iniziative che supportino i piccoli musei e i beni culturali disseminati sull’intero territorio nazionale, simbolo e testimonianza delle civiltà che hanno fatto grande il popolo Italiano.
Anche a tal riguardo sono intervenuti, nel corso della conferenza, i parlamentari Angelo Attaguille segretario della Commissione Inchiesta sul fenomeno delle mafie, Paolo Russo componente Commissione Agricoltura, Simone Valiante componente della Commissione Ambiente, i quali sono stati unanimi nel riconoscere l’impegno e la volontà politica che ha portato ad una stagione di riforme con una serie di interventi messi in campo, tra cui quelle che hanno formulato anche proposte verso forme gestionali autonome, sono state ricordate come la Reggia di Caserta e Paestum rappresentano un ottimo esempio e come ci sia ancora molto da fare.
Va infatti ricordato che negli anni passati il sistema culturale ha navigato a vista. Le politiche di austerità ci hanno costretto alla difensiva e dopo anni di disinteresse, tagli e blocco delle assunzioni il patrimonio culturale è tornato al centro dell’interesse. E infatti, è dopo le su citate riforme del Governo che vi è stata una ripresa dei consumi culturali dove l’incidenza della spesa culturale sulla spesa totale delle famiglie è decisamente aumentata (in Italia del 6,6%). Una maggiore fruizione del Patrimonio che mostra un aumento percentuale della frequentazione degli italiani (qui aiuterebbe molto una defiscalizzazione sui consumi culturali).
Purtroppo, gli Enti territoriali mostrano ancora difficoltà con un decremento della spesa in cultura del -2,9% dei Comuni e del – 9,9% della spesa delle Provincie con nutrendo di lungo periodo notevole (2005-2014 -26% per i Comuni; 2006-2014 -57% per le Province).
Si è assistiti ad una cultura digitale fortemente in crescita ed appare evidente come si torna ad investire in cultura, basti pensare al bilancio MiBACT che risale dopo quasi 10 anni di tagli e ricordare che l’Italia è l’unico Stato membro ad avere un programma operativo nazionale interamente dedicato alla cultura con circa 491 milioni.
Anche i privati sono tornati ad investire, esempio sono le fondazioni bancarie (280 milioni con incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente) oppure l’ART BONUS con quasi 121 milioni in due anni (3000 donatori e 714 enti beneficiari) e a riguardo proprio dell’art bonus, se ci fosse una estensione della platea dei beneficiari e delle azioni finanziabili si otterrebbe sicuramente un maggiore risultato. Turismo e Cultura sono per l’Italia i principali fattori di attrattività e riconoscibilità. Su +6% di arrivi per turismo generale, nel 2015 vi è stato un +7% di turismo culturale con +5% di presenze. Pertanto il Turismo culturale rappresenta il 36,2% del mercato turistico (arrivi) e un 27% del mercato turistico (presenze). Pertanto si classifica come il segmento più ricco, con una spesa dei turisti culturali di circa 13 miliardi di euro (+3,5% nel 2015) e rappresenta il 57,7% della spesa turistica in Italia. La spesa media giornaliera, da quanto emerge dai dati di Federculture, è di 131 euro per il turista culturale contro gli 89 del turista balneare. Mentre l’occupazione culturale in Italia è stimata in quasi 2 milioni di unità, il 5,3% dell’occupazione totale, ben poco se si considerano le potenzialità che il nostro Patrimonio potrebbe offrire.
Secondo Enrico Vizzaccaro, Conservatore e Storico dei Beni Culturali, intervenuto a conclusione della conferenza, “il rapporto offre un contributo critico molto importante su una tematica così complessa, indirizzato non soltanto agli “addetti ai lavori” ma anche ad una platea più ampia perché ricca di riferimenti, soprattutto normativi ed ogni argomento trattato giunge a concrete proposte che saranno oggetto di discussione parlamentare. La vera scommessa – continua Vizzaccaro – è trovare il giusto equilibrio tra i vari aspetti che la gestione del Patrimonio Culturale comporta: la messa a reddito del Bene è ormai indispensabile, ma deve raccordarsi perfettamente con le altre fasi fondamentali della tutela, ovvero l’intervento di restauro, la sua conservazione/manutenzione nel tempo, la valorizzazione e la corretta fruizione. Molto spesso la fruizione del Bene che produce economia, si scontra con la sua conservazione, soprattutto se non si pongono in atto tutta una serie di accortezze e sensibilità particolari. Sotto l’aspetto della salvaguardia dalle azioni illegali e dagli atti vandalici che caratterizzano il patrimonio culturale – dichiara nel corso di una intervista al termine della conferenza – è assolutamente necessario porre in essere delle azioni efficaci di contrasto e l’iniziativa di “Fare Ambiente” di istituire un corpo specializzato all’interno delle Guardie EcoZoofile che con la loro presenza siano di presidio e supporto alle Istituzioni preposte, è assolutamente lodevole e certamente da incentivare”.
I Volontari sono evidentemente persone animate da buone intenzioni e rappresentano una leva straordinaria nel sistema di solidarietà sociale e il loro utilizzo richiede competenza e ragion veduta da parte delle Amministrazioni, per non cadere nelle tentazioni, per ovvie ragioni di contenimento della spesa grazie alla gratuita della loro opera, di ricorrere alle prestazioni dei volontari in sostituzione del lavoro professionale delle figure che operano nel campo della cultura. Se così fosse, tale azione potrebbe configurarsi come la scelta ancora più radicale del disimpegno pubblico di una classe politica che non vorremmo più incontrare, ma non è quanto emerge dalla proposta riportata sul Report sui Beni Culturali di Fare Ambiente e dalle dichiarazione del Presidente Pepe, dove appare ben definito l’apporto che ha inteso mettere in campo con l’istituzione del corpo “tutela patrimonio” delle Guardie Ecozoofile, con il compito di tutela e salvaguardia dei beni culturali italiani. Il Corpo delle Guardie, già in seno al Movimento Ecologista sono pubblici ufficiali eco zoofile poiché svolgono funzioni di esclusivo interesse pubblico (ambiente, tutela della fauna selvatica e degli animali, ecc.). Nominate dal Prefetto e/o dalla Provincia e svolgono un servizio operativo disgiunto da quello dell’Associazione, si contraddistinguono per l’univoca capacità di relazionarsi solo alle norme di diritto e dispiegano una autonoma attività di vigilanza e verbalizzazione (possedendo esclusiva caratterialità pubblicistica) e sono poste alle dipendenze funzionali dell’Autorità Giudiziaria. In qualità di polizia amministrativa (DLGS 112/1998 – DPCM 12/09/2000 – art. 13, comma 4, legge 689/81), hanno in tale contesto i poteri di cui all’art. 13 della legge 689/81, ovvero possono “…assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica. Possono altresì procedere al sequestro cautelare …”. Il Corpo Nazionale delle Guardie si prefigge l’obbiettivo di concorrere alla realizzazione dei compiti statutari prefissati dal Movimento Ecologista Europeo FareAmbiente mediante le seguenti attività: a) prevenzione, controllo del territorio e vigilanza dinamica sul rispetto delle Leggi, regolamenti locali, nazionali ed internazionali in difesa dell’ambiente e del patrimonio naturale in genere nonché degli animali e della fauna selvatica; b) rilevazione di tutte le alterazioni dell’ecosistema, e in particolare: 1. l’abbandono, il trattamento ed il relativo trasporto di rifiuti urbani, ingombranti, tossici, pericolosi e non pericolosi nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii; 2. le discariche abusive, il depauperamento delle aree verdi, l’uso indiscriminato di pesticidi; 3. gli scarichi inquinanti, abusivi o illeciti, civili ed industriali; 4. le violazione alla tutela dei parchi e dei giardini comunali o demaniali; 5. l’accensione di fuochi secondo quanto disciplinato dalla Legge 353/2000.
Proprio per la peculiarità del loro contatto del territorio e del proprio status giuridico, potranno rappresentare delle “qualificate sentinelle” dei beni culturali che potranno rappresentare con la loro opera volontaria un supporto concreto, soprattutto sotto la sfera della sicurezza del nostro Patrimonio Culturale.